Intervista a 360 gradi per Pierluigi Pardo
Quarant’anni da compiere a marzo, Pierluigi Pardo è telecronista e inviato di Mediaset, oltre che conduttore della trasmissione Tiki Taka. È stato il primo ospite del laboratorio di Tecniche di giornalismo sportivo di San Vittore, rispondendo alle domande dei detenuti.
Ci racconta la sua carriera da giornalista? Come ha iniziato?
“Scrivendo per un’agenzia di informazione sportiva di Palermo, la Italpress, ricordo ancora che mi pagavano 16mila lire a notizia. Nel 1996 ho mandato una cassetta con delle mie telecronache a Tele+, la prima pay tv italiana, mi presero e mi fecero seguire squadre di serie B come il Castel di Sangro. Nel 2001 sono passato a Stream, lasciando definitivamente il mio lavoro, operavo nel marketing per una grande ditta. Nel 2003 Stream si è fusa con Tele+ in Sky e sono restato lì fino al 2010, quando sono passato a Mediaset, dove sono felicissimo. Stavo bene anche a Sky, ma insomma lì ero uno dei tanti, a Mediaset ho un ruolo più importante. Sky si basa su Fabio Caressa e Ilaria D’Amico, è una tv bellissima, ma molto conservatrice. Mediaset ama più sperimentare”.
Mediaset è di Berlusconi, non ricevete mai pressioni per parlare bene del Milan?
“Sono onesto: mai. E neanche le accetteremmo. Anzi, il Milan quest’anno lo stiamo sfondando parecchio, quando se lo merita. Sul calcio non puoi permetterti di non essere credibile”.
Cosa pensa dell’arrivo di Seedorf?
“Mi sembra un bel rischio, un po’ come il governo Renzi. C’è sempre un rischio quando entri in una squadra in corsa, perché non l’hai fatta tu. Aggiungiamoci che questo Milan è ben scarso. Sarebbe stato meglio farlo arrivare in estate, dandogli tempo di impostare il mercato e la preparazione”.
Balotelli andrà via?
“Credo di sì. Ormai è il giocatore che fa più discutere di tutti in Italia, il problema è che lo si fa soprattutto per il suo privato. O lo ami o lo odi, e credo che, purtroppo per lui, adesso prevalgano i sentimenti negativi”.
E della lotta tra Barbara Berlusconi e Adriano Galliani cosa dice?
“Che in teoria potrebbero andare daccordo perché si sono suddivisi i compiti, lui pensa all’area tecnica e lei al marketing. Ma lei è pur sempre la figlia del padrone. E, pur con tutto quello che Galliani ha fatto per il Milan, serve un rinnovamento prima o poi”.
Lei è tifoso di qualche squadra?
“Pur essendo romano non tifo né Roma né Lazio né un'altra squadra. Il tifo non mi interessa, lo trovo incompatibile con il mio lavoro"
Eppure i giornalisti tifosi non mancano.
“Vero, ma non ce lo si può permettere, soprattutto quando si fa una telecronaca. Farsi scappare una frase di tifo vuol dire ormai esporsi a un fuoco di fila di critiche via Internet perché gufi una squadra o parteggi per l’altra. Non solo: per me la telecronaca è una cosa splendida, ma richiede attenzione, concentrazione, emozione, non bisogna sbagliare la lettura della squadra né i nomi dei giocatori, non avrei neppure il tempo di pensare a tifare. Al massimo ormai tifo perché chi deve essere ospite della mia trasmissione Tiki Taka non perda, altrimenti magari non viene più”.
Ma tifare per una squadra non aiuta a seguirla meglio?
“No, non credo sia indispensabile tifare per una squadra neanche in questo caso: conta molto più il rapporto che si riesce a creare con giocatori, staff tecnico e dirigenza. E poi comunque qualcuno che ti accusa di essere tifoso lo trovi sempre, se fai bene il tuo lavoro. Io per esempio mi sono beccato dell’interista per aver fatto a Cassano un’intervista in cui criticò pesantemente la Juventus. Fa parte del gioco”.
Con Cassano ha anche scritto un libro. Eppure dicono che è un giocatore difficile.
“Una delle mie battaglie, forse la più difficile in assoluto nel mondo del calcio, è tirare fuori il lato umano dei giocatori. È quello che cerchiamo di fare a Tiki Taka. Spesso i calciatori hanno paura ad aprirsi, temono che le loro parole possano essere fraintese o criticate. Ma sono ragazzi come gli altri, in fondo, quindi con qualcosa da raccontare come tutti. È difficile farli aprire”.
Giusto il pallone d’oro a Cristiano Ronaldo?
“Decisamente. Se fosse stato assegnato con la vecchia formula, che si basava sulle vittorie, sarebbe stato giusto darlo a Ribery. Adesso che si premia il giocatore più forte in assoluto, non poteva che andare a lui”.
Il Real Madrid vincerà la Champions League?
“In Champions non c’è pronostico. Certo, Ancelotti qualcosa vincerà e sono contento per lui perché non puoi non volergli bene, è un pezzo di pane. Mi spiace per la vendita di un campione come Özil, ma era l’unico modo per fare un po’ di cassa”.
Cosa farà l’Inter quest’anno?
“Credo che Mazzarri stia trovando la strada per sistemare le cose e che l’Europa League sia più che alla portata. Per il futuro dipenderà se Thohir si deciderà a spendere un po’”.
Ma l’Europa League importa davvero ai club italiani?
“Dovrebbe. Capisco che sia stressante perché all’inizio vai a giocare in postacci alla periferia del continente e che sia una maratona, ma ne vale la pena.
Il Napoli ha tutto per vincerla quest’anno, se ci crede”.
A proposito di Napoli, Maradona tornerà davvero?
“Solo se risolverà i suoi problemi col Fisco, perché tra Procure e ricorsi è parecchio inguaiato. Però non credo abbia la stoffa per fare l’allenatore”.
L’intervista è stata curata da:
Kamal H. - Ennio I.
Claudio M. - Sergio M.
Giuseppe M. - Ahmed W.
Abdelmajid L.