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Riforma dello Sport: un enorme passo avanti di civiltà, ma anche un'occasione mancata

10 luglio 2023

Che siamo un paese strano non c’è ombra di dubbio, lo dimostra di recente la questione che ruota attorno alla Riforma dello Sport e sulla quale abbiamo due sole certezze: è una riforma necessaria e per certi aspetti bellissima e di cui tutte le società sportive devono prendere atto, e di contro intorno ad essa regna molta confusione. Come funzioni di preciso la riforma e cosa comporti, è ancora materia non alla portata di tutti e per questo al momento si sollevano molte incertezze. Soprattutto, al momento, sembra che la questione stia vertendo su aspetti molto burocratici e materia per commercialisti. 

Proviamo allora ad andare in ordine cercando, con molta prudenza, di capire qualcosina in più. 

Una riforma dello sport era attesa da almeno 30 anni, lo abbiamo gridato per decenni che serviva un cambiamento. Perché allora, adesso che finalmente è sul tavolo, non si assiste a festeggiamenti dirompenti? Secondo noi, che siamo fermamente convinti che questa riforma sia un grande passo avanti, la ragione è che si presenta da un lato eccellente e dall’altro come un’occasione mancata. 

DA DOVE NASCE LA CONFUSIONE: DUE ELEMENTI.
Questa riforma parla molto, troppo forse, in “burocratese”, costringendo molte realtà sportive di base a ricorrere a commercialisti e avvocati per tradurre in pratica quotidiana i cambiamenti previsti per legge. Certo, ogni cambiamento richiede di affidarsi ad esperti per comprendere a pieno il da farsi, ma leggere un testo e non riuscire a districarsi e comprendere i pro e i contro, non è di aiuto a chi è interessato dai provvedimenti e non è alla portata di tutti. Non sembra quindi che questa riforma possa semplificare la vita alle società sportive, già stritolate da meccanismi burocratici complessi (prendiamo le opportune e doverose iscrizioni al registro delle società sportive e al registro del terzo settore) che nel tempo della transizione tecnologica sono diventati veri calvari per i presidenti di piccole realtà sportive di base, costretti a sudare sette camicie per sopravvivere nelle giungle di adempimenti obbligatori. Ci sembra ingiusto e poco moderno, e senza dubbio è elemento di confusione.

La confusione nasce anche dall’iter che questa riforma ha seguito, e dalle ultime dichiarazioni del Governo che ha già dichiarato: “assesteremo, modificheremo, aggiusteremo vari aspetti”. Questo dice con chiarezza che quello che entra in vigore non convince del tutto e ci lascia perplessi, perché di riforme non se ne fanno una alla settima, e se questa non dovesse funzionare a pieno l’occasione sprecata sarebbe immensa. Parliamo già di una riforma orfana di padre, fortemente voluta da Giorgetti e sul cui testo hanno lavorato persone d’eccellenza che stimiamo profondamente come Mauro Berruto. Nel suo corso però, la riforma è passata su tavoli di vari governi (Conte, Moti, Meloni…) con la sensazione che ogni volta venissero aggiunti pezzi nuovi e persi pezzi precedenti. 

Nonostante la confusione, chi ha letto il testo e ne capisce davvero, dice comunque di aver pazienza perché una volta introdotta questa riforma non sarà per nulla male nemmeno per le società sportive di base. Noi vogliamo fidarci davvero, anche perché una parte bellissima già ci è chiara.

LA PARTE BELLA DELLA RIFORMA, UN GRANDE PASSO DI CIVILTÀ.
Di sicuro qui ci mettiamo la tutela dei lavoratori del mondo dello sport. Istruttori di palestra, trainer, assistenti bagnanti e più in generale tutti coloro per i quali lo sport è il lavoro con il quale campare, e che per secoli sono stati tra i lavoratori meno tutelati in assoluto. Contratti approssimativi, precari, poche assunzioni, slalom tra mille agevolazioni (vedi la legge dello sport) per essere pagati con un costo lordo il più basso possibile etc… Di questo popolo fanno parte migliaia di giovani che devono costruire la propria indipendenza, magari accendere un mutuo, dare stabilità alla propria esistenza. La riforma, introducendo contratti di lavoro con tutte le tutele del caso, è un passo avanti di grande civiltà. Noi siamo da sempre a favore dei cambiamenti, sosteniamo che vanno fatti e che le fatiche che si portano dietro vadano affrontate. Per questo non siamo contro questa riforma. Il mondo dello sport ha bisogno di modernizzarsi, di cambiare, di restare al passo con i tempi. 

L’OCCASIONE MANCATA.
Non possiamo però nascondere la nostra perplessità su un punto per noi chiave: la poca considerazione nel sostenere il lavoro delle piccole società sportive di base. Parliamo di persone che svolgono un lavoro vero e proprio nelle società sportive d’oratorio, di quartiere, di periferia. Questo è il regno del volontariato puro o retribuito con un rimborso spese. Sognavamo una riforma che valorizzasse le società sportive di base, con atti concreti che ne cogliessero la centralità in quanto vere e proprie agenzie educative e in tal senso introducessero agevolazioni e sgravi fiscali. Dire che la riforma non introduce nulla in questi termini sarebbe esagerato, ma dire che è una grande occasione mancata in quest’ottica, è dire la verità. A noi piaceva immaginare una riforma che avesse come locomotiva la valorizzazione delle società sportive, la loro sburocratizzazione, il sostegno economico concreto. Dire che siamo distanti è essere molto delicati. 

IN CONCLUSIONE.
Siamo contentissimi del grande passo di civiltà che stabilizza i lavoratori dello sport dando loro la dignità e il riconoscimento che meritano da decenni. Ci sembra solo che un’altra gamba del mondo dello sport sia rimasta al palo, ed è quella delle piccole società sportive di base. Quindi che cosa ci auguriamo? Ci auguriamo che nel complesso iter legislativo, qualcuno trovi il coraggio per fare due cose: spiegare questa riforma in modo semplice e chiaro come la si spiegherebbe ad un bambino di prima elementare, e introdurre quella semplificazione e quel sostegno alla vita quotidiana delle società sportive che secondo noi oggi manca.

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